sabato 11 luglio 2009

Ecco l'inizio del libro - stralcio dal I° capitolo.

Napoli si sta lentamente risvegliando, mentre il sole di primavera spunta dall’ombra della grande montagna addormentata.

Il cielo cambia colore come se nelle nuvole divampassero migliaia di fuochi, mentre raggi luminosi fendono il cielo dando vita alle migliaia di finestre ancora chiuse sul golfo.

Corro con il sole negli occhi e l'aria di mare dei polmoni, mentre il debole vento ancora fresco del mattino accarezza la pelle sempre più sudata.

Il castello è alle spalle ma la fatica ancora non si sente.

Non ho mèta, tanto so che per quanto a lungo e forte possa riuscire a correre sarebbe difficile per me riuscire ad arrivarci.

Inconsapevolmente e inspiegabilmente mi ritrovo a pensare a te.

Non lo facevo da quando ieri notte ho chiuso gli occhi scacciandoti prepotentemente dalla mia testa.

Credevo di resistere di più.

Credevo che correre fin qui potesse aiutarmi a tenere lontano i tuoi occhi.

Credevo che il sudore riuscisse a lavare via il tuo odore. Credevo che la fatica e il dolore dei muscoli mi aiutassero a dimenticare le tue mani addosso.

Prima di perdermi definitivamente in questi pensieri che presto mi condurranno alla pazzia, faccio una sosta con la scusa di fare stretching e appoggio le mani sul tiepido muretto del lungomare.

Il sudore scorre lungo gli zigomi e le guance e gocciola sull'asfalto già caldo mentre fisso l'acqua agitata.

Noto che si asciuga subito, come risucchiato da una invisibile forza verso l’interno della terra.

Il vento non è forte, solo una leggera brezza, eppure il mare è mosso. Qualche barca a vela solca il mare tra i gozzi dei pescatori.

Strano, penso, ma oggi questa immensa massa d'acqua salata riflette esattamente il mio stato d'animo: è' innaturalmente inquieto pur essendo circondato da una calma apparente.

Mentre stendo alternativamente le gambe mi guardo in giro. C’è qualche altro amante del jogging, sicuramente lo farà perché gli piace e non per tenere lontani i fantasmi come me.

Pensandoci, in fondo correre mi fa anche bene; ho quasi quaranta anni, non ho mai fumato e mi sento bene, ma quando sei uno a cui piace la cucina tipica napoletana, non disdegni un buon drink e fai una vita a volte forzatamente sedentaria, un pò di moto diventa necessario.

Non amo le palestre, troppo chiuso e statico come ambiente. Mi piace l’aria, mi piace la luce del sole, mi piace il movimento.

Quando giocavo a calcio avevo molta energia e vitalità. Ora, dopo ciò che ho provato e che mi ha fatto isolare, sono uscito dal giro degli amici, ma subisco sempre il fascino dell’odore dei vecchi campi in terra o in erba e il puzzo degli spogliatoi. Talvolta qualcuno dei vecchi amici si fa coraggio e mi chiama per tentare di farmi ritornare a giocare qualche partita, apprezzo il loro sforzo di coinvolgermi, di farmi sentire di nuovo come ero prima. Ma non me la sento. Non ancora.

Una ragazza mi passa accanto mentre corre e ascolta il suo lettore mp3. Mi guarda distrattamente rivolgendomi un mezzo sorriso tra il saluto e la comprensione dell’importanza degli esercizi che stavo continuando a fare.

Molto carina. La seguo con lo sguardo mentre si allontana, porta una fascia e ha lunghi capelli castani scuri raccolti in una coda di cavallo.

Il traffico sulla Riviera si sta intensificando. Sento il rumore dei motori farsi sempre più alto e regolare oltre la Villa Comunale.

Mi rimetto dritto e riprendo a correre a perdifiato.

Ti prego chiudi gli occhi.

Quegli occhi dello stesso colore di questo cielo.

Smetti di parlarmi dentro.

Togli le tue unghie dal mio stomaco.

Tu sei voluta andar via.

Tu hai voluto così.

Ora non tormentare più la mia anima.

Rivoglio la mia vita.

Mi fermo ansante.

La mia mente ha chiesto troppo ai muscoli.

Decido di fermarmi alla rotonda Diaz e di salire sulla scogliera.

Lo facevo sempre da bambino e lo continuo a fare tutte le volte che vengo a fare jogging.

Attraverso lo spiazzo puzzolente e la breve striscia di sabbia che separa gli scogli dalla strada.

Mi arrampico con gambe malferme sulle rocce variopinte dalle innumerevoli scritte fatte con la vernice spray e mi siedo di fronte al mare.

Si l’acqua è decisamente agitata. Le onde più forti sbattono sui frangiflutti proiettandomi in faccia spruzzi di schiuma salmastra.

Chiudo gli occhi e mi godo il fresco del tocco del mare e il suo odore. Mi passo la lingua sulle lebbra e sento il sapore della salsedine.

Alzo lo sguardo e noto che il sole ormai è già piuttosto alto.

I primi anziani che vengono a pescare per riempire le loro giornate stanno arrivando.

Uno sguardo all’orologio e decido che il mio tempo fuori dal mondo è terminato.

Si torna a casa, si torna al lavoro.

4 commenti:

  1. Come promesso ho postato uno stralcio del'inizio del libro. Ho pensato di inserire alcune foto nel post per meglio rendere l'idea di ciò che il protagonista vede.
    Buona lettura!.
    M

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  2. Niente male!!!!
    e adesso? ...la pubblicità!
    Ciaoooo!!!!
    Bea

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  3. bella l' idea delle foto, effettivamente aiuta ad immedesimarsi, aiuta a volare con la fantasia...

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  4. Ho letto il libro, fino a dove è arrivato l'Autore. Se ha perso qualcuno in modo assoluto, non vi è paesaggio né città. Nella vita, Le auguro di sentire sempre un paese intorno a sé, una nazione ed il suo popolo. Tuttavia una scomparsa è una pagina di buio vero, assente tra le sue. In tal senso, la Sua perla è a pag. 3. "Ti prego chiudi gli occhi". Il buio sono occhi chiusi al buio. Così dovrà scriverla. Il gatto deve cercare la sua luna spenta, nello spazio di un racconto. Le auguro fortuna e gioia su questo pianeta e di terminare questo Suo racconto prima che io sia troppo anziana da non poterLe più regalare un pensiero di passaggio. Un'esperta di lune.

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